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~ uno spazio interiore fatto di colori, profumi, pensieri e vibrazioni del cuore.

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Archivi Mensili: dicembre 2019

Cappellacci al nero con ripieno di nasello e sugo al gambero.

31 martedì Dic 2019

Posted by mery in Primi piatti.

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Tag

Cappellacci al nero di seppia, menù di Natale, nero di seppia liquido, pasta fatta in casa, pasta ripiena, pistacchio di Bronte, primi di pasta sfoglia, primi piatti di pesce, Primi piatti., sugo ai gamberi, tirare la pasta sfoglia, tortelli al nasello

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Uno dei miei primi meglio riusciti, buonissimi! L’idea del cappellaccio mi è venuta da un video in rete: troppo bello quel nero! …magari da riproporre pure ad Halloween con ripieno di zucca! Love it. ❤

Qui invece i sapori sono un concerto di sfumature di mare. Molto suggestivo agli occhi, il nero si presta sempre a magnifici abbinamenti di colore,…. ma soprattutto un gran buon piatto!! Ripieno e sugo e pasta fatta a mano si abbracciano in un sapore pieno, gustoso e delicato allo stesso tempo.

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Ingredienti per 4 ps:

Pasta:

200 gr. farina di grano tenero Tipo 0

100 gr. di semola rimacinata di grano duro

3 uova grandi (160 gr.)

8 gr. di nero di seppia liquido* (2 bustine da 4 gr. ciascuna)

(* questo nero di seppia contiene un po’ di sale quindi non si deve aggiungerne altro nell’impasto)

 

Ripieno:

200 gr. di filetto di nasello surgelato

100 gr. di acqua

200 gr. di latte

200 gr. di ricotta vaccina Valcolatte (è una ricotta molto soda, liscia e non bagnata)

Sale, olio evo

 

Sugo ai gamberi:

400 gr. di code di gambero rosso argentino, gigante (16 gamberi)

Cipolla, aglio, whisky

Sale, olio evo

 

Procedimento:

Per prima cosa cuocere i filetti di nasello in acqua, latte e sale, basterà un ventina di minuti. Mentre i filetti si raffreddano, una volta scolati dal liquido di cottura, ci si dedicherà alla pasta.

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Amalgamare le farine, le uova e, ancora prima di impastare per bene, aggiungere il nero di seppia agli ingredienti ancora sbriciolati in malo modo, meglio ancora se diluito in un cucchiaio di acqua (il nero di seppia liquido fa più fatica ad essere assorbito dalla pasta quando è già impastata).

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A questo punto lavorare a lungo l’impasto finché la colorazione nera diventa perfettamente uniforme. Riporre la palla in frigo, protetta da pellicola trasparente.

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Procediamo nella preparazione del ripieno di nasello, che nel frattempo si sarà perfettamente raffreddato. Metterlo nel mixer, a pezzetti, aggiungere 1 cucchiaio del latte di cottura, la ricotta, e frullare. Aggiustare di sale se necessario, aggiungere un cucchiaio di olio evo e frullare ancora. Deve risultare un composto pastoso e sodo. Se intendete preparare i cappellacci appena prima di cuocerli, potete conservare il ripieno e la palla di pasta, già pronti in frigo fino al giorno successivo.

A questo punto, fuori il tagliere e la macchina per la sfoglia: tagliate il panetto di pasta in 4 pezzi, cominciate a lavorarne uno e tenete da parte il resto, sempre protetto da pellicola perché non si secchi in superficie.

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Appiattitelo con le dita e cominciate a passarlo nella macchina, partendo dalla misura più larga. Man mano che la striscia si assottiglia di spessore diventerà più lunga, quindi fatene due strisce, tagliandola a metà. Procedete a passarle nella macchina fino alla misura 5 (se amate una sfoglia spessa) o fino al 6 come ho fatto io.

La difficoltà che ho trovato è stato il non poter utilizzare farina aggiuntiva durante la lavorazione delle strisce, in quanto avrebbe compromesso la buona colorazione dell’impasto nero. Di conseguenza se vi serve asciugare le strisce di pasta man mano che le lavorate, per renderle più facilmente manovrabili, occorrono tempi di riposo un po’ più lunghi tra una passata e l’altra …e pazienza.

Alla fine, le strisce saranno stese sul tagliere e pronte. Si procede alla preparazione dei cappellacci, mettendo una noce di ripieno a distanza di 7 cm circa (la misura del diametro del coppapasta che userete per tagliarli) lungo una fila, su una striscia di pasta. Con delicatezza appoggiateci sopra una seconda striscia di pasta a coprire tutto, facendo attenzione che non restino spazi vuoti o mancanti.

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Chiudere bene la pasta tutt’attorno ai mucchietti di ripieno, non devono restare bolle d’aria intrappolate, poi tagliare col coppapasta i cappellacci. Stenderli in un vassoio infarinato di semola e lasciarli asciugare in superficie, fino al momento di buttarli in pentola a lessare.

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Se si intende congelarli, innanzitutto è necessario utilizzare in partenza nasello fresco e non surgelato; poi si deve aver cura di mettere in freezer i cappellacci stesi su un vassoio (con sotto un canovaccio perché sia poi facile e veloce staccarli) man mano che vengono preparati, e solo successivamente, quando saranno ormai duri, si potrà metterli in un sacchetto tutti insieme, o porzionandoli, in modo che occupino minor spazio nel congelatore.

La porzione per una persona è di 8 cappellacci.

Se verranno cotti appena preparati lesseranno in circa 10 min (a seconda di quanto spessa avete lasciato la vostra sfoglia) se invece li buttate in pentola congelati impiegheranno qualche minuto in più.

La preparazione del sugo di gambero rosso è abbastanza veloce, potete farla sul momento mentre i cappellacci sono in pentola, ma solo a patto di avere gli ingredienti già pronti a puntino. Quindi i gamberi devono essere già sgusciati, già puliti dal filo nero intestinale e tagliati a pezzi di circa 1 cm.

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Metterli in padella con poco olio evo, salare e farli cuocere pochi istanti. Aggiungere quindi aglio e cipolla (io uso quelli liofilizzati per comodità) e lasciare che insaporiscano i gamberi qualche istante (il prodotto liofilizzato non contiene acqua quindi tende a bruciare molto in fretta). Quindi sfumare con ½ bicchiere di whisky. A cottura ultimata, aggiungere altro olio al sughetto che si sarà nel frattempo raddensato.

Versare questo condimento sui cappellacci già porzionati in piatti individuali, in modo da condirli bene uno a uno.

E buon appetito!!

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Note.

Una valida alternativa al sugo di gamberoni potrebbe essere condire i cappellacci al nero di seppia e ripieni di nasello con un trito di pistacchio di Bronte, da cospargere singolarmente sui piatti prima di servire, dopo aver generosamente mantecato con burro.

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Una versione un po’ più pacata, ma ugualmente molto sfiziosa, a mio avviso.

Xmery.

 

Il mio tronchetto di Natale.

30 lunedì Dic 2019

Posted by mery in I miei dolci: torte soffici, crostate, biscotti, frittelle e dolci al cucchiaio.

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Tag

Buche de noel, cenone di Natale, dolci di Natale, menù natalizio, tronchetto di Natale

 

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Trovo che questo sia un dolce di grande effetto, scenografico, sempre sorprendente, un gran classico degli anni ‘60-’80 del secolo scorso. Origina da antiche tradizioni francesi, dalle quali un anonimo pasticcere del secondo dopoguerra prese ispirazione per inventare questa ricetta dolce, che mimava, nella forma, il tronco di legno che era usanza mettere davanti all’uscio di casa la Vigilia di Natale, perché considerato di buon auspicio. Io provai a prepararlo la prima volta tanti anni fa, giovane sposina entusiasta, e da allora ne ho sempre conservato un ricordo piacevole e goloso. Amo la consistenza morbida e spugnosa dell’impasto arrotolato, il gusto forte della marmellata di arancia che fa da contrasto all’amaro avvolgente del cioccolato fondente sulla copertura. Del tronchetto di Natale sono state proposte  tante varianti, sia dolci che salate, ma questa è ancora quella che io preferisco.

 

Ingredienti per l’impasto Pan di Spagna:

6 tuorli

150 gr. di zucchero (7 cucchiai)

75 gr. di farina 00 (3 cucchiai)

75 gr. di fecola di patate (3 cucchiai)

6 chiari montati a neve

 

Ingredienti per la farcitura:

400 gr. di marmellata di arance fatta in casa (buonissima anche la variante di arance amare)

1 bicchiere di liquore all’arancia (Grand Marnier o similari)

 

Ingredienti per la copertura:

100 gr. cioccolato fondente

15 gr. di burro

40 gr. di cioccolato bianco

7 gr. di burro

 

Ingredienti per la decorazione:

6 frutti di Alchechengi (a Natale è facile trovarli già con le foglie spruzzate d’oro, altrimenti sono bellissimi anche al naturale con le loro bacche arancio brillante)

 

Procedimento:

per preparare la base di Pan di Spagna per il tronchetto, montare tuorli e zucchero molto bene e a lungo, almeno 10/15 minuti, finché  il composto non appare chiaro e spumoso.

Aggiungere quindi le farine, adagio, un cucchiaio per volta, mescolando a mano, per non smontare il composto di uova e zucchero.

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Infine aggiungere gli albumi, montati a neve fermissima, sempre con il cucchiaio, con movimenti ampi e verticali, per avere un composto spumoso e soffice.

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Ora stendete l’impasto ottenuto in una teglia rettangolare, foderata di carta forno, e livellatela con grande cura, scuotendola alla fine per togliere eventuali bolle d’aria all’interno. Formate uno strato sottile circa 1,5 cm massimo 2 cm.

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Infornate quindi a 170° per 30/40 minuti (io ho un vecchio forno a gas, quindi fate gli opportuni aggiustamenti a seconda del forno che avete). La superficie deve risultare color biscotto e l’impasto deve cuocere restando soffice (questo è il segreto di un buon Pan di spagna, che pur senza l’utilizzo di lievito, deve mantenere in cottura la sofficità data dalla montatura delle uova).

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Una volta sfornato, togliere il Pan di Spagna dalla teglia e rovesciarlo su un canovaccio appena umido.

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Staccare delicatamente la carta da forno che è rimasta attaccata sul fondo, squadrare bene i bordi del rettandolo, eliminando le croste ai lati e poi tagliare il rettangolo lungo tutto il suo spessore, ottenendo due rettangoli di Pan di Spagna, più sottili. Dovremo infatti costruire due rotoli: uno servirà per il tronchetto principale, l’altro per costruire le diramazioni laterali, come rami tronchi.

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Ora arrotolate i due rettangoli di pasta, ognuno insieme a un canovaccio umido. (Attenzione! Mentre arrotolate il lato più lungo deve restare disteso, mentre il lato corto verrà arrotolato, in modo da ottenere un rotolo lungo e stretto). Con l’ausilio del tessuto umido, la pasta terrà la forma senza rompersi e questo faciliterà le operazioni in seguito. Tenere in frigo i due rotoli per mezzoretta, così, chiusi e avvolti nei loro canovacci.

Nel frattempo portatevi avanti e preparate la ganache di copertura. Fate sciogliere il cioccolato fondente al microonde, dopo averlo spezzettato grossolanamente. Quando sul fondo il cioccolato comincia a sciogliersi ma c’è ancora qualche pezzo intero, aggiungete anche la noce di burro e date un ultimo colpetto al microonde (questo serve a evitare che il burro si sciolga a un calore eccessivo: deve fondere dolcemente senza soffriggere).

Togliete i due rotoli dal frigo, srotolateli uno alla volta e bagnate con il liquore all’arancia, servendovi di un cucchiaio.

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A questo punto passate alla farcitura, spalmando sopra ad ognuno uno strato di marmellata di arance (anche quella di mandarini bio è super!). Arrotolate per bene, assecondando l’ondulatura che il Pan di Spagna ha assunto quando stava  arrotolato in frigo.

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Posizionate il primo rotolo sul piatto da portata, un po’ in diagonale (per lasciare lo spazio ai due rami laterali che andrete costruendo più tardi) e avendo cura di lasciare la giuntura sul fondo, perché non sia visibile.

Coprite quindi tutta la superficie con la ganache al cioccolato fondente, facendo attenzione a procedere con scanalature in senso verticale, in modo da simulare le venature della corteccia.

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Ora prendete il secondo rotolo, già bagnato col liquore e farcito con la marmellata, e tagliatelo in due pezzi con un taglio obliquo. Posizionateli quindi ai lati del ramo principale, come fossero dei monconi tagliati dell’albero, appoggiando la parte obliqua vicino alla ganache del primo rotolo (la ganache sul punto di giuntura vi servirà da collante).

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Coprite anche i rami laterali del tronchetto con la stessa ganache al cioccolato fondente, e con la stessa tecnica di scanalature in verticale.

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Adesso passiamo alla decorazione. Io ho voluto simulare una nevicata con una colata di ganache al cioccolato bianco: l’ho fuso al microonde con un poco di burro, ma in modo da ottenere una crema più fluida della precedente, affinché fosse facile sgocciolarla sul tronchetto.

Poi ho decorato con fette di arancia e le bacche di Alchechengi.

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Bene! Il risultato visivo è come sempre spettacolare, ma quando tagliate la prima fetta e affondate il morso in quel Pan di spagna soffice, avvolto dall’intensità del fondente, che battibecca amorevolmente con l’acidità dell’arancia, ecco….lì capite che gli occhi non sbagliavano!  😉

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Buon Natale a tutti!… 🙂

Xmery.

Un mare di nuvole.

11 mercoledì Dic 2019

Posted by mery in Storie a 4 zampe: insieme per la vita.

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B&B fuori dal mondo, capire i cani, conoscere i cani, luoghi d'elezione per ogni cane, un mare di nuvole

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Dopo aver trascorso un fantastico week end di sole autunnale in collina, a malincuore ci siamo rimessi in viaggio verso la pianura, tristemente consapevoli di come sempre in un batter d’occhio è arrivata domenica e che laggiù ad aspettarci ci sarebbe stato grigiore, freddo piovischio e un maledetto lunedì alle porte.

Ma è ora, non vogliamo trovare traffico in autostrada, tutto è pronto, le valige sono già in macchina. Mancano solo i cani, che ancora gironzolano qua e là. Salutiamo chi ci ha accolto sempre amichevolmente, aspettiamo anche i più riottosi a lasciar quel luogo, e ci apprestiamo a metterci in viaggio.

E’ Lizzy che ogni volta fa storie: non ne vuol proprio sapere di lasciare colline da valicare in libertà h.24 con sua sorella al seguito (ma anche senza, va bene lo stesso, l’importante è andare!). La città è ben altra cosa, ahimè, e lei, da cane che ha vissuto libero arrangiandosi magnificamente, lo sa benissimo. Qui ogni volta ritrova il suo habitat ideale, la vedo rifiorire. Non certo per voglia di stare lontana da noi (a distanza di un anno noi siamo a tutti gli effetti la sua nuova famiglia e sono certa che non sceglierebbe al momento nessun altro che noi!) ma perché nel suo concetto di “famiglia” non sono comprese le porte chiuse, i guinzagli… Tutte quelle assurde regole che di fatto impediscono a un cane la possibilità di scegliere e così facendo, alla lunga ne spengono anche il pensiero, le capacità di ragionare e prendere le decisioni giuste nei vari contesti. Lizzy detesta i marciapiedi sempre troppo stretti e affollati di ruote, fanali, gambe e cappelli che si muovono senza un senso logico e comprensibile. Tutto troppo veloce, tutto senza chiedere permesso, senza possibilità di riflettere o di scappare lontano. Quando tutto si muove in modo così minaccioso, puntando dritto verso di te per poi sfilarti di pochi centimetri senza darti nemmeno il tempo di capire cosa è stato e perché, e già qualcun altro è in arrivo e di nuovo ti viene incontro! E niente…tu ci provi, ma dentro di te vorresti solo uccidere chiunque si avvicini di nuovo.

Anzi, forse primo tra tutti, proprio colui che ti tiene legato per il collo e ti costringe a stare lì, senza poter fuggire via, per rifugiarsi in un anfratto al sicuro, dove essere invisibile. (Senza contare che chi tiene l’altro capo della corda spesso si innervosisce e proprio contro di te! Un paradosso. Una cosa veramente impossibile da comprendere..).

A quel punto a un cane resta ben poca scelta: o ribellarsi, diventare un cane “pericoloso” che mostra i denti per urlare il suo No! costi quel che costi, o rassegnarsi a un non senso in cui affondare lentamente e morire. Quanti cani morti dentro, a passeggio in luoghi a loro totalmente alieni e alienanti.

E allora, come si fa? Come si fa a diventare famiglia e non inconsapevoli carnefici? Ad un certo punto ci sono due strade e un bivio. O ci si butta a capofitto in programmi di “rieducazione” affannandosi nel tentativo di “insegnare” (leggi “costringere”) il tuo cane ad adeguarsi al TUO stile di vita (“in fondo è lui che ha bisogno di me e non il contrario, no?”) oppure si esce dalla zona di comfort e ci si avventura in un territorio nuovo e pieno di dubbi, quello del cane, o ancora meglio: quello del tuo cane. Lui, diverso da quello che avevi prima, da quello del tuo amico, da quello che vorresti, e da quello che credevi fosse.

Ci si prova, spesso andando a tentoni. Si cerca di capire il suo mondo interiore, da dove nascono le sue difficoltà. Si fa lo sforzo di vedere le cose coi suoi occhi. E succede che vedi ciò che prima non vedevi. Per Neve, per esempio, le strade erano meravigliosi viaggi per andare a trovare cani conosciuti che abitavano dall’altra parte della città, seguendo odori e una mappa mentale che lei nel tempo si è disegnata in testa. Per Lizzy invece le strade sono luogo di minaccia e prevaricazione, dove l’ansia sale inesorabilmente, perché nessuna delle regole basilari del linguaggio dei cani viene riconosciuta e rispettata. Quello che è vero nel vissuto di Neve non lo è nel vissuto interiore di Lizzy. Due cani diversi, con diverse esperienze e diverso temperamento.

Ma capisci ben presto che entrambe hanno lo stesso diritto a esprimersi, cercando luoghi a loro congeniali.

La soluzione? Cambiare vita e trasferirsi in campagna, ai bordi di un bosco? Eh, magari…ma nel frattempo?

A noi è andata di gran poderoso culo. Abbiamo trovato un piccolo B&B fuori dal mondo e appena ci è possibile, si fugge dalla città per qualche giorno. Per loro. Per Lizzy, ma anche per Neve, e sì…anche per noi. Valige sempre pronte, cucce, pappe, zaini, scarponi, e si va.

Qui, la vita sembra improvvisamente stravolgere le sue assurde leggi di città. Appena svegli, la mattina si apre la porta e i cani escono. Da soli. Senza recinti, senza preoccupazioni, senza sciocche raccomandazioni, se non quella di tornare sani e salvi, senza fare cazzate. Dopo un po’ tornano a casa, sporchi, i musi accaldati che esalano nuvolette di fumo e gli occhi incredibilmente felici. Di quella felicità che nessuna attività guidata da altri potrà mai dare. Perché fatta di avventura, di decisioni da prendere, di cose da pianificare e strategie da mettere in atto con perizia, coraggio e prudenza nel medesimo tempo. Una felicità che ti insegna a vivere e a sopravvivere, non a eseguire ciò che altri ti ingiungono, senza spiegartene il motivo (che spesso neanche c’è).

Ed è in questo modo, fuori dalla zona dove sei tu che controlli, che scopri cose che mai avresti pensato. Per esempio che Lizzy (quella che trema come una foglia sui marciapiedi in città) in questo ambiente è regina e sa molto più di quanto io avrei mai potuto insegnarle in una vita intera. Ti accorgi anche che Neve nel giro di un anno, da cagnetta prudente e misurata che era, è diventata una zingara impavida quando è con la sorella!

😀 Che magnifica contaminazione, se solo si dà loro la possibilità di esprimersi nei giusti contesti!

Saperle insieme nelle loro scorribande nel bosco, per me è fonte di grande serenità.  Ho osservato con gioia e sorpresa che c’è una fitta comunicazione tra loro, si guardano, si aspettano, sanno sempre dove è l’altra anche se non sono vicine. L’ho appurato seguendo i loro movimenti in diretta con il Gps, anche quando sono invisibili alla vista (che gran marchingegno, un vero e proprio ansiolitico! :-D)

Passare due giorni così, in questa dimensione di libertà ritrovata, di competenze messe alla prova, è galvanizzante, rilassante e rigenerante.

Ma la domenica ogni volta arriva inesorabile, e il tempo della partenza è difficile. Per tutti, ma per Lizzy di più.

Si fa aspettare, tentenna, la vedi agitata e in pena. Poi si arrende alle nostre richieste e sale in auto, si accomoda sul suo sedile e guarda fuori dal finestrino, mentre percorriamo a ritroso le curve sul piccolo altopiano da cui si gode una vista spettacolare. C’è ancora il sole dei pomeriggi brevi di dicembre, poi tramonterà, già alle quattro, dietro la collina, trascinando tutto rapidamente in ombra, come su un palcoscenico in cui cambia d’improvviso l’atmosfera.

Le curve si addentrano ora nel bosco e tra un po’ saremo sull’altro versante del monte, che si apre a nord e guarda lontano, lasciando scorgere tutta la pianura attorno a Bologna.

Ci domandiamo con un po’ di tristezza quando, probabilmente senza accorgercene, scivoleremo dentro la nebbia prevista, scendendo di quota. Ma la sorpresa che si apre ai nostri occhi ci costringe a fermarci e a contemplare un paesaggio senza pari. Un mare di nuvole sotto di noi, calmo, velato e soffice, da cui svettano le cime come isole di un arcipelago. Una meraviglia da assaporare in silenzio, ringraziando per questo ultimo regalo, da portare con noi come prezioso ricordo di un week end fuori dal mondo.

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Xmery.

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