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~ uno spazio interiore fatto di colori, profumi, pensieri e vibrazioni del cuore.

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Archivi Mensili: marzo 2017

Portavaso da appendere lavorato all’uncinetto.

31 venerdì Mar 2017

Posted by mery in Idee per fare e costruire: voglia di bricolage.

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Tag

portavaso all'uncinetto, portavaso da appendere, portavaso in corda, portavaso per Hoya

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Metti una Hoya da traslocare in posizione più luminosa, in sala sul vetro a est, metti un marito che ti costruisce e ti monta l’asta a cui appenderla, ma ti manca il vaso coi ganci (di travasarla manco a pensarci!)….eh,….ci pensi da giorni e poi metti una sera particolarmente fervida di immaginazione e creatività!….Zac! Ecco l’idea giusta! Detto fatto! In un paio d’ore, davanti alla tv….Con materiale improvvisato 😀 e discutibile, ma funzionale allo scopo, e ora la Hoya è appesa! 😉

Occorrente:

-un rotolo di spago per legare gli arrosti trovato per caso dentro al cassetto in cucina 😀

-un uncinetto n° 4 (tenendo il punto molto lento)

Procedimento:

-10 catenelle, chiudere ad anello;

–6 catenelle, 1 p. basso (puntando l’intero anello sottostante) fino ad ottenere 8 archetti che formano una specie di margherita;

–10 catenelle, 1 p. basso (puntando dentro ad ogni archetto sottostante)…si ingrandisce la nostra margherita;

–10 catenelle, 3 mezzi p. alti (puntando dentro ad ogni archetto sottostante)…la margherita è sempre più grande…ora potrebbe essere una dalietta!….ahahahha;

–10 catenelle, 3 p. bassi (puntando sempre dentro ai nostri 8 archetti: tali sono rimasti, giro dopo giro);

–20 catenelle*, 4 catenelle chiuse ad anello con un mezzo p. basso, altre 20 catenelle*, 1 p. basso (puntando dentro a un archetto sottostante) 10 catenelle, 1 p. basso (puntando nell’archetto successivo). Staccare il filo e riprendere il lavoro all’altezza dei piccoli anelli in alto.

–6 p. bassi a riempire l’anello sottostante, 2 catenelle, passare all’altro anello fino a rinforzare tutti i 4 anellini;

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–10 catenelle, a formare un unico anello finale di aggancio, da fermare sul lato opposto del lavoro.

*) se si vuole ottenere un portavasi più lungo, che penzoli ancora più giù, aumentare il numero delle catenelle qui* e qui*.

NB. Il bello di questo sistema, rispetto ai classici vasi in plastica con i tre agganci, è che qui ci sta sotto anche un bel sottovaso capiente, non come quelli ad incastro (che se c’è troppa acqua trasbordano e l’acqua cola a terra) e che permette di valutare se e quanta acqua è rimasta sotto.

Sono molto soddisfatta. 😉

Xmery.

Alta Velocità Mediopadana.

25 sabato Mar 2017

Posted by mery in Lo zaino in spalla: viaggiare è respirare.

≈ 4 commenti

Tag

Alta Velocità, Italo, Ponti Calatrava, Reggio Emilia, stazione AV Medipadana, treno veloce, treno veloce per Roma

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‘Fra la Via Emilia e il West’ (cantava Guccini nel 1984) adesso sorge, capolavoro futuristico nel nulla della Val Padana, bianca come una navicella spaziale al sole dei campi, la stazione della linea ad Alta velocità che fa fermata tra Milano e Bologna, a Reggio Emilia, chiamata appunto…A.V. Mediopadana.

Una costruzione che impressiona, noi che siamo abituati al romanico delle nostre Chiese, alla pietra delle Cattedrali e ai colonnati dei chiostri, ai castelli medievali…non siamo avvezzi alla modernità architettonica, noi ci ‘accontentiamo’ di ciò che ci hanno lasciato in eredità dal passato, che siano vecchi poderi tra filari e nebbia o il Battistero in marmo rosa con i racconti esegetici dell’Antelami scolpiti a bassorilievo. Ci fa un po’ strano, di punto in bianco, dal verde dei campi in aperta campagna, trovarci una stazione che sembra dover far atterrare un Ufo, non far partire un treno! 😀 Arrivando dall’autostrada del Sole, all’uscita di Reggio Emilia, già tutta la mia meraviglia l’avevo sprecata per ammirare da vicino Le Vele, i tre ponti di Santiago Calatrava (2007),…costruzioni iperboliche che con il loro stile, non certo da Bassa Padana, miravano a una riqualificazione della zona nord della città, che avrebbe ospitato la linea ad Alta Velocità (inaugurata nel 2013).

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Quando sono poi arrivata alla zona riservata al Parcheggio delle auto, appena dietro Stazione, sono rimasta interdetta da tanta dissonanza… Mentre chiudevo e lasciavo l’auto lì, che potevo essere a una qualsiasi Festa dell’Unità 😀 tra i fossi e l’erba (il Parcheggio è asfaltato, d’accordo, e ci sono perfino le Lettere ad ogni fila! 😀 ) guardavo il verde luccicante del prato a mezzogiorno, sul quale, come un corridoio verso l’Aldilà, si delineava la tettoia asfaltata che collega i passeggeri in arrivo alla Stazione. La vedi appena più in là, che disegna un’onda bianca e perfetta di geometria, in un luogo che non le appartiene, una campagna che l’ha accolta con un abbraccio imbarazzato e cerca di essere all’altezza di tanta modernità, col suo accento largo e pastoso da bassa modenese!

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L’interno rafforza questa idea di discordanza, un interno buio e freddo quanto luminoso e assolato l’esterno, devo togliere e mettere il giubbotto più volte e in senso contrario a quel che ti aspetteresti: l’unico posto adibito all’attesa è infatti all’aperto, con unici posti a sedere su panche gelide di metallo, e non raggiunto dal sole… il garage di casa mia è più confortevole.

Però, ad allietare la tua attesa, e qui abbiamo la riconferma che la classe non è mai acqua, c’è niente popò di meno che….una gigantografia illuminata dell’Ultima Cena di Leonardo. Eh sì, signori miei…. Che non si dica che la modernità non è attenta al passato!

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Cerchiamo di ingannare il tempo prendendo un tè al Bar, ma ahimé anche qui appare subito, come ovunque ormai in questo progetto sempre meno comprensibile in fatto di coerenza e consequenzialità, che dentro ci sono solo due tavoli e solo una decina di posti a sedere!….no ma…veramente?…..neanche al Bar della Stazione del mio paesello!…costringiamo una ragazza che occupava da sola un tavolo da tre leggendo il giornale, ad alzarsi, con gentilezza 😀 e cerchiamo di scaldarci in quel quarto d’ora che manca alla partenza del supertreno, prima di salire al piano sopra che sta nell’altro emisfero, al sole.

Lì, una meraviglia di tecnologia ci fa capire che sì, siamo davvero avanti anni luce! Due binari interni e transennati per i transiti veloci (e per veloci intendiamo 250 km orari! Mica puoi rischiare di farti risucchiare la 24 ore posata a terra! 😀 ) e due più esterni, uno verso Bologna-Firenze-Roma-Napoli, l’altro verso Milano. Mi domando ancora una volta cosa c’entri Reggio Emilia con queste grandi città e cosa mai abbia spinto gli ideatori del progetto a includere questa tappa intermedia nella linea veloce ferroviaria, tanto da costruire dal nulla (e nel nulla!) una struttura del genere, costata la bellezza di 79 milioni di euro (e mentre lo dico ho una leggera vertigine…).

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Poi arriva Italo, col suo elegante color rosso retrò, le scritte dorate e l’aria altezzosa di chi è consapevole della propria superiorità: solo pochi minuti, cronometrati con spietata precisione, per salire e scendere, mica roba da plebe in transumanza! Salgo, penso che tra 2 ore e mezza sono a Roma, e che …ma sì! evviva l’insensatezza!

Xmery.

Inventare il cielo.

23 giovedì Mar 2017

Posted by mery in pensieri di notte, Uncategorized

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Tag

Aforismi, Alda Merini, inventare il cielo

mare e stelle

Mi tocca sempre inventare il cielo, per essere felice…

Alda Merini

La furia del cuore.

23 giovedì Mar 2017

Posted by mery in pensieri di notte

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Tag

felicità, la furia del cuore, xmery

Smisi di dipingere, con la consapevolezza che non c’è niente di interessante che resti da dire, quando si è felici. Bene, ora è di nuovo il momento di produrre cose meravigliose.

Rovi fitti che trafiggono nel buio. Notti brulicanti di incubi che prendono vita. Onde truci e gonfie di tempesta che silenziosamente si preparano ad annientarti. Piedi nudi che avanzano ciechi, feriti da sassi taglienti. Spade sguainate luccicanti al sole pronte a tingersi di rosso. Veleni subdoli e letali che azzannano il respiro alla gola. Morsi aguzzi che affondano nella carne senza difese.

La furia di un cuore in tumulto produce cose meravigliose.

GRAZIE, cuore mio, E BRAVO (cit.).

Ma io anelo alla pace, te l’avevo detto, sì? Rinuncio volentieri alla potenza dell’impeto artistico, in cambio di una banale e duratura felicità. Pensaci.

Xmery.

A mia moglie (U. Saba)

09 giovedì Mar 2017

Posted by mery in Cosa ne penso di....: il mio sguardo sul mondo., L'arte, quel qualcosa che ti risuona dentro.

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A mia moglie.

(Umberto Saba – il Canzoniere-1911)

Tu sei come una giovane
una bianca pollastra.
Le si arruffano al vento
le piume, il collo china
per bere, e in terra raspa;
ma, nell’andare, ha il lento 
tuo passo di regina
,
ed incede sull’erba
pettoruta e superba.
E’ migliore del maschio.
E’ come sono tutte
le femmine di tutti
i sereni animali
che avvicinano a Dio.
Così, se l’occhio, se il giudizio mio
non m’inganna, fra queste hai le tue uguali,
e in nessun’altra donna.
Quando la sera assonna
le gallinelle
mettono voci che ricordan quelle,
dolcissime, onde a volte dei tuoi mali
ti quereli, e non sai
che la tua voce ha la soave e triste
musica dei pollai.
Tu sei come una gravida giovenca;
libera ancora e senza
gravezza, anzi festosa;
che, se la lisci, il collo
volge, ove tinge un rosa
tenero la tua carne.
Se l’incontri e muggire
l’odi, tanto è quel suono
lamentoso, che l’erba
strappi, per farle un dono.
è così che il mio dono
t’offro quando sei triste.
Tu sei come una lunga
cagna, che sempre tanta 
dolcezza ha negli occhi,
e ferocia nel cuore
.
Ai tuoi piedi una santa
sembra, che d’un fervore 
indomabile
arda,
e così ti riguarda
come il suo Dio e Signore.
Quando in casa o per via
segue, a chi solo tenti
avvicinarsi, i denti
candidissimi scopre.
Ed il suo amore soffre 
di gelosia.

Tu sei come la pavida
coniglia. Entro l’angusta
gabbia ritta al vederti
s’alza
e verso te gli orecchi
alti protende e fermi;
che la crusca e i radicchi
tu le porti, di cui priva
in sé si rannicchia,
cerca gli angoli bui.
Chi potrebbe quel cibo
ritoglierle? chi il pelo
che si strappa di dosso,
per aggiungerlo al nido
dove poi partorire?
Chi mai farti soffrire?
Tu sei come la rondine
che torna in primavera.
Ma in autunno riparte;
e tu non hai quest’arte.
Tu questo hai della rondine:
le movenze leggere:
questo che a me, che mi sentiva
ed era vecchio, annunciavi
un’altra primavera.
Tu sei come la provvida
formica. Di lei, quando
escono alla campagna,
parla al bimbo la nonna
che l’accompagna.
E così nella pecchia*
ti ritrovo
, ed in tutte
le femmine di tutti
i sereni animali
che avvicinano a Dio;
e in nessun’altra donna.

* la pecchia (‘ape’ in alcune regioni italiane) in linguaggio comune significa anche ragazza molto carina (e qui potrebbe alludere a un complimento alla vecchia moglie) o addirittura volgarmente ‘vagina’ (che potrebbe ancora significare che seppur nell’anzianità, nell’atto d’amore, che li accomuna a tutti gli altri animali sereni e senza malizia, “che avvicinano a Dio” per il loro sereno candore, è lì che lui ritrova l’amore – unico e non barattabile con quello di altre donne- per la sua vecchia sposa. In lei e in nessun’altra. Questo è il fulcro di questa poesia, che volge a rassicurare la moglie gelosa. Le dice che nessun’altra è misurabile con il suo metro, le dice che solo per il fatto di essere donne umane, non hanno in partenza i requisiti 😀  per essere paragonabili a lei! E così, ciò che a prima vista può sembrare un goffo e mal riuscito tentativo di compiacere (essere paragonati a una pollastra o a una giumenta può anche essere irritante!..:-D ) diventa la più spettacolare e geniale rassicurazione per una donna gelosa, che sicuramente alla fine avrà sorriso di tutto questo marchingegno letterario, che nient’altro vuole dire se non “tranquilla, amore mio, nessun’altra donna potrà mai ai miei occhi essere anche solo paragonata a te”. E non è male, in una società dove anche il maschio più fedele, di diritto, per convenzione culturale, vive di paragoni con qualsiasi donna che si palesi nel raggio d’azione del suo campo visivo! E, se sei ‘fortunata’ il confronto si conclude con “No, ma sei molto meglio tu!”….Ahahahah…. Che tristezza, forse a questo punto (per quanto con un po’ di riluttanza! :-D) preferirei davvero essere paragonata “alle femmine di tutti i sereni animali che avvicinano a Dio”…. 😀

Il mondo Orosognante

Xmery.

Hummus.

08 mercoledì Mar 2017

Posted by mery in Antipasti., Contorni., Fumo in cucina!....Oggi ai fornelli.

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Tag

crema di ceci e sesamo, hummus, hummus israeliano, humus, kebab, pasta di sesamo, Ristorante vegetariano David Bann, shoarma, showerma, Tahina

 

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Chi lo ha assaggiato, viaggiando in Medio Oriente, ha imparato ad amarlo. Questa crema di ceci e sesamo, nelle varianti piccanti, alla paprika dolce o al pesto di pinoli (così simile a quello Genovese!) non ti stanca quando sei in viaggio e dopo un po’ che sei a casa addirittura ne senti la mancanza. Io l’ho assaggiato in Israele, dove viene servito usualmente sia con la carne che con le verdure, insieme all’immancabile ‘pita’ il pane arabo che si strappa con le mani, per fare scarpetta nell’hummus. E ogni volta ne porto in Italia copiose scorte, acquistandolo all’ultimo momento in aeroporto per poterlo imbarcare, visto che ormai anche gli amici me lo chiedono.

Finalmente ho provato a farlo io, in casa, da profana occidentale. Le ricette sono ormai tante in rete, ma la difficile combinazione degli ingredienti, pochi e basilari, semplici, l’equilibrio tra sapori acidi e grassi, capire quanto di questo e quanto di quello, non è un’impresa così scontata. Quando hai ben chiaro in mente il sapore di ciò che hai a lungo assaporato, devi seguire la ricetta solo come indicazione, mentre la prova all’assaggio è quella che fa da vera guida nei continui aggiustamenti del gusto.

Metto qui la ricetta per come mi è venuta …davvero molto simile all’originale assaggiata in Israele!…Tenendo conto che, sfatando il mito che senza ceci secchi no humus, anche con quelli già lessati e nel boccetto di vetro, il risultato non è niente ma niente male!

 

Ingredienti x 4 ps:

 

3 scatole di ceci lessati

(uguale a 230 gr. di prodotto sgocciolato ciascuna scatola, circa 700 gr. in totale)

200 gr. di Tahina (pasta di semi di sesamo tostati)

200 gr. di acqua di cottura dei ceci

3 spicchi di aglio fresco (io ho usato quello liofilizzato in polvere)

20 gr. di succo di limone (1 limone piccolo)

5 gr. di sale ( 5 bei pizzichi)

Gr. di olio extra vergine di oliva (per il condimento finale)

Prezzemolo tritato (per la guarnizione)

 

Procedimento:

 

Il fatto di avere i ceci già pronti è un indubbio e grosso vantaggio, che ti permette di decidere anche all’ultimo di preparare un humus per cena.

P1140943 xmery2

L’ho fatto anche coi ceci secchi  lasciati in ammollo tutta la notte e alla fine la differenza non è tale da dover scartare la prima ipotesi a priori. Inoltre il prodotto pronto in barattolo non contiene conservanti e può essere tranquillamente utilizzato per piatti più veloci, ottenendo risultati del tutto simili.

Scolare i ceci, ma tenere il liquido di cottura. Poi frullare nel mixer tutti gli ingredienti, fino a ottenere una purea liscia e vellutata.

P1140951 xmery

Le pellicine dei ceci, che tanti consigliano di togliere (provate a fare questa operazione e ne capirete all’istante l’abissale assurdità! :-D) ..tranquilli!….vengono triturate insieme a tutto il resto e non ne rimane traccia. 😀 E’ uno sbatti del tutto inutile.

Col mio mixer, che è piccoletto, ho dovuto procedere in tre tempi: una scatola di ceci, due cucchiai di Tahina, un mestolo piccolo di acqua di cottura, una spolverata abbondante di aglio liofilizzato, un cucchiaio di succo di limone, un bel pizzico di sale….e poi di nuovo tutto daccapo con le altre due scatole.

La consistenza che ne esce è da subito quella tipica dell’hummus, pastosa, gonfia. Per aggiustare il sapore, ma è questione di preferenze, io ho poi aggiunto un altro pizzico di sale e un po’ di limone, per dare più forza al gusto, fino a raggiungere le dosi indicate sopra.

Se amate il piccante, l’aggiunta di peperoncino è la variante che trovo in assoluto la migliore. In alternativa, condire semplicemente con un filo di olio extra vergine di oliva (considerare che la Tahina è già di suo una pasta oliosa, fatta con sesamo tostato e olio di sesamo, quindi valutare bene quanto olio evo si vuole aggiungere ancora) e prezzemolo tritato (irrinunciabile, perché dà il necessario contrasto con un sapore fresco).

Ecco la consistenza oliosa della Tahina, con suo caratteristico sapore di sesamo tostato:

P1140947 xmery

Note: l’hummus deve essere servito spalmato sul fondo del piatto, con quel movimento tutto particolare del cucchiaio, che lascia i bordi alti all’esterno, come un anello, e un grosso alloggiamento nella parte interna del piatto, in cui vengono collocate le pietanze:

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P1140958 xmery

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Io qui ho messo solo verdure stufate al centro (pomodoro e peperoni, come una shakshuka senza uova) ma spesso sono verdure crude condite in mille modi che accompagnano la tipica carne abbrustolita a fettine sullo spiedo (“kebab” in lingua araba…”shoarma” in ebraico). In Israele l’hummus viene messo anche nel tipico panino kebab da asporto, al posto (o in aggiunta) a maionese e ketchup.

La variante più interessante che ho assaggiato è stata in un Ristorante vegetariano molto famoso di Edimburgo, il David Bann, che proponeva come contorno a un tortino di barbabietola rossa, una crema hummus con marmellata di lamponi e cipolle….vabbé, da svenimento!…

 

Xmery.

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