Un coraggio da leone, dentro al cuore piccolo piccolo di una bimbetta di pochi anni.
Ricordo quel giorno grigio di nebbia in un grigio novembre, io e il mio cappottino di lana grigia. Mi domando come si possano uccidere i sogni con un cappottino senza colori, in bianco e nero.
Vedo i capelli tagliati senza amore. A volte con rabbia. Presi tra le mani senza compassione e mozzati da forbici senza pietà.
Ricordo quel pomeriggio, anche se vagamente. E ricordo che chi mi scattò quella foto mi chiese di salire sul traliccio, e io lo feci. Per sfida, per allegria, per fiducia.
Ricordo quel luogo, allora spoglio di case e di tutto, solo campagna e fumi di nebbia, con la ferrovia che correva proprio a fianco, sovrastando le nostre voci ogni 5 minuti. Ma non mi ricordo perché eravamo lì, solo il mozzicone di quell’attimo, sul traliccio per fare la foto.
Guardo i sandali (blu) che indosso e mi domando se avevo freddo. Forse no. Ai bambini basta un momento di gioia per non sentire più il freddo. Ricordo però l’odio per quel cappotto, orribilmente grigio. Indossarlo era un tormento, una tortura a cui mi dimenavo come dal fuoco che brucia la pelle.
Poi vedo i miei occhi, gli stessi di adesso. Che irrompono in una risata irriverente dal ghigno beffardo, abbarbicata a quel palo che mi aveva portato a guardare tutto da un’altezza vertiginosa. Mi tenevo stretta stretta, con le manine incrociate, e non avevo paura. Mi sentivo forte e fiera del mio ardire.
Un piccolo Master &Commander che per un attimo aveva il timone tra le sue mani, invece che in mani altrui.
Sono felice che quell’istante sia stato fissato e immortalato, perché lì c’è l’essenza del mio essere. Quella fiammella di ribellione, di ostinata caparbietà a voler vivere, nonostante tutto. Una caparbia ostinazione a cercare, chissà dove, la felicità.
Un cuore impavido, che a vivere ci vuole coraggio e a sognare ancor di più. Un cuore da guerriero, dentro a una bimbetta piccola piccola.
Xmery.