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anima, casualità, dio, Marco Borin, natura e necessità, procedere necessario della vit, sommo burattinaio
“Preferisco la delicatezza incerta ed armonica della casualità, che disegna insensati arabeschi, non per questo meno affascinanti dell’angusta simmetria di un sommo burattinaio.”
Di Marco Borin (Dal blog Saltedition.it) .
A dire il vero io non so dire se la casualità sia incerta, armonica e delicata. Affascinante, imprevedibile, questo sì, e spesso insensata. Ma possiamo definirla incerta?
Spesso si confonde l’innumerevole e variopinta gamma delle possibilità con ciò che effettivamente riesce a realizzarsi, con quello che prende vita, in base all’insieme delle condizioni presenti in un dato momento. Spesso ho la sensazione che il risultato della casualità sia invece strettamente delimitato dalle condizioni presenti. Legato a quel concetto di “necessità” che in filosofia invece era appannaggio dell’Universale divino. La casualità segue le sue regole, che sono precise e inderogabili. A tali condizioni, non si potrà che avere quel preciso risultato. Niente di diverso da quello. Ogni cosa è il frutto necessario dei passi precedenti, alle condizioni presenti in quel momento. L’ansa di un fiume, una stalattite su una parete, la struttura geometrica di un cristallo, pioggia che cade o che resta a vagare in cielo. Ciò che ci sembra incerto, lo è solo perché noi stiamo a guardare l’esito finale, quasi sempre senza conoscerne gli antecedenti. Ah, se potessimo agguantare tutta la conoscenza, tenere sotto il nostro sguardo tutte le componenti che portano a un dato evento, prevederne il risultato nella sua infallibile certezza. Non saremmo dèi? Divinità pazze e capricciose che manipolano la scacchiera a proprio piacimento, per produrre l’effetto desiderato. Non così la casualità. Imparziale, senza scopi o mire. Cieca, imperterrita e inarrestabile. La natura procede in questo modo. L’evoluzione, per quanto sorprendente e fantasiosa possa sembrarci, cammina seguendo sempre una sola e immutabile regola, che sottosta a tutti gli “arabeschi” alle curve, ai ritorni, alle direzioni impreviste e alle innovazioni. Non è affatto incerta la casualità. Semplicemente così appare a noi, che soffriamo di non poterne agguantare i segreti e controllarne gli esiti.
Non so dire neppure se c’è armonia o meno nel suo procedere. Se guardiamo gli eventi a distanze ravvicinate, che toccano troppo da vicino il nostro personale sentire, diventa molto difficile trovare il senso profondo della casualità, accettarne gli scarti improvvisi che si palesano ai nostri occhi, entrano come bombe nelle nostre vite. Ci manca uno sguardo a lungo termine, per comprendere l’avvicendarsi degli eventi nel loro procedere “armonico”. Eppure, come una melodia che si ripete, la vita ripropone sempre i suoi immutabili principi. Il divenire procede in senso armonico, ciclicamente distruggendo, rinascendo, innalzando civiltà che poi crolleranno, portando alla vita ciò che è destinato a morire, creando le condizioni per altra vita.
E’ il nostro cuore, il nostro breve battito, che non è accordato con lo strumento che ci suona. Dimentichiamo così spesso che noi siamo solo una nota della melodia. Niente di più. Una nota che si perde nell’attimo successivo che è stata suonata, in una melodia che neppure conosciamo perché si crea di attimo in attimo.
Quanto è difficile essere uomini, in un creato fatto di materia, galassie, molecole e forze gravitazionali, cercando di governare la sensazione (così fallace ahimé!) di avere un’anima!
E il nostro ostinato volerla mettere al servizio di un “sommo burattinaio” (in cambio di protezione: dall’imprevisto, dall’insensatezza che la casualità porta con sè) forse alla fine non è neppure così incomprensibile, benchè perfettamente inutile!
Xmery.